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Anno XXIX - n. 3 - settembre 2004

 

 

Azar Nefisi

Leggere Lolita a Teheran

 

Adelphi 2004

 

 

«Guardandomi indietro, mi stupisco ancora di quanto abbiamo imparato, e senza nemmeno accorgercene. Nabokov lo aveva descritto, quello che ci sarebbe successo: avremmo scoperto come il banale ciottolo della vita quotidiana, se guardato attraverso l’occhio magico della letteratura, possa trasformarsi in pietra preziosa». Questa citazione del testo indica il punto di arrivo di un percorso che l’autrice compie insieme a un gruppo di giovani donne iraniane, studenti del suo corso di letteratura all’università. Quando per lei la situazione si fa insostenibile, si ritira dall’insegnamento e invita alcune di loro a continuare la ricerca e la scoperta, in semiclandestinità, a casa propria.

Siamo a Teheran, negli anni successivi alla rivoluzione di Khomeini, gli anni duri, violenti e oppressivi della repubblica islamica. Integralismo esasperato, predominio maschile assoluto e la guerra sanguinosa e fanatica Iran Iraq (1980-1988) rendono difficilissimo il vivere quotidiano. Sono soprattutto le donne a subire le conseguenze più pesanti. In particolare queste donne, che, come l’autrice, hanno vissuto e studiato lungamente all’estero, oppure le più giovani che hanno assimilato cultura e modi di vivere più disinvolti nel periodo immediatamente precedente. Alcune di loro hanno anche lottato per questa rivoluzione e per le speranze che essa aveva acceso. La delusione e il rimpianto diventano a volte ribellione, altre volte sottomissione. Qualcuna passa attraverso il carcere, la violenza diretta e quella indiretta delle perquisizioni quotidiane, delle esclusioni, delle imposizioni. Il vestito, il velo, il modo di camminare, di gesticolare, il tono di voce e il sorriso, la vivacità dello sguardo, tutto può essere motivo di condanna. Di questo è fatto il «banale ciottolo» della loro vita.

Queste giovani donne non hanno neppure la possibilità di rifugiarsi nei ricordi di tempi più sereni, costruttivi e liberi come può fare la generazione precedente che ha vissuto esperienze diverse. Per loro il futuro ha solo questa oscurità alle spalle. Ma la letteratura può dare un fondamento diverso, perché fornisce un «occhio magico». «Un grande romanzo acuisce le vostre percezioni, vi fa sentire la complessità della vita e degli individui, e vi difende dall’ipocrita certezza nella validità delle vostre opinioni, nella morale a compartimenti stagni … ».

Il libro muove intorno a questa esperienza e ne illumina il contesto. È un cammino al femminile, dove gli uomini sono presenti come coprotagonisti, compagni di strada, comunque, nel sentire di queste donne, straordinariamente libere nel giudizio, spesso ironico fino al sarcasmo. La letteratura è un altro mondo che si apre davanti agli occhi. Non sempre, anzi quasi mai, ciò avrà conseguenze pratiche positive. ma cambierà il punto di vista di chi vi si inoltra.

Leggere questo libro è come attraversare un’esperienza, forse perché è proprio ciò che avviene. Ancora una volta vi si esprime il grazie  alla letteratura che ha la forza di trasformare dal profondo l’esistenza. Ciò che ha significato leggere Lolita a Teheran viene affidato alle parole di una delle protagoniste a conclusione del libro. «Dell’implacabile monotonia della nostra vita quotidiana non è cambiato quasi nulla. Io invece sono cambiata, in un certo senso. Ogni mattina, quando sorge il solito sole, quando mi sveglio e mi metto il solito velo davanti al solito specchio per uscire e diventare ancora una volta parte di quella che chiamano realtà, penso anche a un’altra “me”, nuda sulle pagine di un libro, fissa e immobile come una statua di Rodin. E così rimarrò finché mi terrete nei vostri occhi, cari lettori»

   
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