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Anno XL - n. 1 - marzo 2015

 

 

 

Oscar Arnulfo Romero

 

La messa incompiuta

 

EDB – 2014 – pp 75

 

Il 24 marzo 1980 Oscar Arnulfo Romero, arcivescovo di San Salvador, viene brutalmente assassinato mentre celebra la messa nella cappella di un ospedale. Il giorno precedente, nella cattedrale, aveva pronunciato una lunga e toccante omelia , diffusa anche via radio, nella quale aveva denunciato, in un Paese imbavagliato e violento il tragico elenco delle ingiustizie e delle oppressioni compiute dal potere nei confronti del popolo.

Nelle sue due ultime omelie, che appaiono in questo piccolo ma intenso libricino, Romero affida alla parola di Dio il compito di illuminare la realtà sociale, politica ed economica per tradurre in fatti gli insegnamenti del vangelo e accogliere il “grido del popolo e il dolore per tanti “cristiani”.

La voce dell'arcivescovo di San Salvador è stata spenta da un colpo di pistola sparato da un sicario al momento della consacrazione.

Nella sua prefazione al testo, Jon Sobrino, gesuita docente universitario di Teologia in Salvador scrive: 'Il fine è ciò che da senso allo svolgimento, diceva un grande filosofo. Nel caso di Romero è davvero così: le sue ultime due omelie non furono le 'ultime ' semplicemente perchè poi non ne fece altre. Furono le 'ultime' perchè le pronunciò in cattedrale assieme al suo popolo e nel piccolo ospedale assieme ai malati incurabili. E per un pastore nulla conta di più del “popolo” e dei poveri. ...Le radici dell'operato di monsignor Romero erano nel piccolo ospedale, mentre i frutti si mostravano nelle sue omelie in cattedrale. In questi testi emerse sempre più duramente la denuncia, l'esigenza di conversione e il bisogno di aggrapparsi alla speranza. Fece uso del magistero della chiesa e fece un uso ancora maggiore del vangelo di Gesù.


BCM

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Anno XL - n. 2 - giugno 2015

 

 

 

Andrea Grillo

Indissolubile?

Cittadella Editrice, Assisi 2014, pp.

 


In un momento storico nel quale il matrimonio come istituzione viene sempre più rifiutato, la Chiesa ribadisce con immutata fermezza la sacramentalità del matrimonio tra battezzati, confermandolo come espressione del rapporto di Cristo con la Chiesa stessa. Papa Francesco ha parlato (aprendo il Concistoro del febbraio 2014) di “una pastorale intelligente, coraggiosa e piena d’amore” rassicurando che a cambiare non sarà la dottrina ma il modo di intenderla e applicarla. Il libro di Grillo ha come sfondo la relazione con cui il card. Kasper ha aperto i lavori del Concistoro nel febbraio 2014 e che è andata avanti nell’intenzione di fornire elementi puntuali “per un confronto serio e sereno affinchè la Chiesa possa uscire dall’immobilismo impaurito che taluni confondono con la testimonianza coraggiosa”. Indissolubile? È il titolo che si presenta come un aggettivo qualificativo seguito da un punto interrogativo che riguarda però, non la sostanza della dottrina della indissolubilità, ma “la sua formazione teorica e la sua traduzione disciplinare”. La domanda è: “Conservando immutata la dottrina dell’indissolubilità nella sua formulazione classica (che deriva dalle parole di Gesù: L’uomo non separi ciò che Dio ha unito) -e la cui sostanza non è in discussione- può o deve essere tradotta esclusivamente ancora con “indissolubilità”? Questo termine rientra tra quelle formule classiche con cui la dottrina ha espresso il rapporto con la verità mediante una negazione di negazioni; la stessa cosa è avvenuta quando, per l’autorevolezza della pagina biblica si è parlato di “inerranza” o per l’autorità del Vescovo di Roma in quanto Papa si è parlato di “infallibilità”. La forza di questi concetti che hanno saputo orientare pensiero, vita e desideri di molte generazioni di cristiani è innegabile, ma si comprende bene come affermare positivamente una verità sia un’altra cosa. Con questo termine “riusciamo ad offrire il Vangelo del matrimonio nella sua verità, anche al nostro tempo?” Grillo, con questo libro di chiarimento ed esplicitazione circa il modo di affrontare la questione dei fedeli divorziati/risposati elabora questa proposta a contatto e in riferimento a una serie di obiezioni che sono state mosse dal prof. R.De Mattei e J.J.Perez Saba e a lui stesso e al card.Kasper.

Si consiglia, accanto al testo di Grillo, la lettura dell’interessante epilogo -reperibile nell’edizione italiana- dell’intervento al Concistoro di W.Kasper intitolato: “Quattro passi con W.Kasper, anzi cinque: da un epilogo teologico ad un prologo ecclesiale”. certi dell’interesse che susciterà per la vicinanza appassionata, la radicalità coraggiosa e il surplus di misericordia che sa comunicare.

Ci auguriamo che portino un contributo efficace sul piano di una interlocuzione di contenuti e riflessioni su un argomento cosi vitale e delicato.

 

M.Rosaria Gavina Grossi

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Anno XL - n. 3 - settembre 2015

 

 

Fratel MichaelDavide

 

Le chiavi di casa
appunti tra un Sinodo e l’altro

 

Edizioni la meridiana – pp. 121

 

 

Il libro si presenta come un auspicio che Michaeldavide, monaco benedettino, rivolge alla sua Chiesa: che anche nelle questioni riguardanti la famiglia si dimostri capace di primerear, fare il primo passo, andare incontro a tutti, soprattutto a chi è lontano o ferito dagli eventi della vita, rivelandosi non come una dogana, ma come la porta aperta di “una casa paterna dove c'è posto per ciascuno con la sua vita faticosa” (Ev. Gaud.). Nella direzione di profonda “riformattazione” avviata da Francesco, l'autore sollecita a passare dalla rigidità dogmatica accompagnata da forme di paternalismo ad una “compassione creativa”, un “saper compromettersi con e nella vita di tutti”, affinché nessuno si senta chiuso fuori dalla porta. L'immagine del titolo si ispira all'omonimo film di Gianni Amelio: la storia di un padre che dopo la morte della moglie, con un faticoso processo, ricostruisce la fiducia in un figlio con grave handicap fino a consegnargli le chiavi di casa. La metafora di Pietro portinaio che impugna saldamente la chiave ed apre solo a pochi eletti va sostituita con quella del padre di famiglia che amorevolmente consegna a ciascun figlio le chiavi di casa, ricordandogli sì alcune regole di comportamento, ma accettando poi le sue scelte, anche sbagliate. Dall'ansia di controllo ad una “fiducia rischiosa”.

   Il prossimo sinodo è dunque una prova di maturità per la Chiesa: dovrebbe mostrarsi capace di assumere la realtà, accoglierne le sfide, andando oltre parametri e paure, in un'ottica di conversione. Tante volte nella storia, del resto, apostoli e padri sinodali di fronte ai nuovi problemi posti dalla società hanno dovuto cercare, al di là delle differenze delle comunità di fede, un minimo comune denominatore.

Spicca una proposta centrale: passare dal concetto di 'famiglia', troppo incentrato su di un determinato modello storico, a quello di 'casa', che meglio rispecchia la molteplicità delle forme di convivenza del nostro tempo, senza giudicare ma accogliendo con rispetto “quanto di bello, di buono, di vero è stato vissuto e può essere vissuto” in esse. Lo stesso Gesù ha allargato il concetto di famiglia, invitando a passare dal legame di sangue a quello di fraternità: persone che vivono insieme nell'amore. I modelli biblici proposti sono allora la casa di Betania, la casa di Levi, e quella di Zaccheo, come a dire che non c'è una famiglia perfetta che merita la visita di Gesù, ma è proprio il suo auto-invitarsi nelle nostre case che ci aiuta a riconciliarci con le nostre ferite e fallimenti, anche relazionali, e ci spinge alla crescita.

Elena Maria Duso


 

 

   
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