Anno XXIX - n. 2 - giugno 2004
AA. VV.
Il desiderio e l'identità maschile e femminile. Un percorso di ricerca
Franco Angeli, Milano, 2004, pp. 300
( Il libro è il risultato di un progetto voluto e finanziato dalla Commissione Pari Opportunità della Provincia di Brescia e realizzato dal Consultorio Familiare Onlus di via Milano 16 di Brescia. )
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Tra desiderio e identità: chiamati alla relazione Ho preso in mano un libro - frutto di un cammino e di un'esperienza - e mi sono lasciato guidare non tanto da ciò che materialmente vi è scritto (peraltro assai interessante) ma da ciò che man mano il testo evocava. Già le parole-chiave mettevano in moto qualcosa di profondo: desiderio, identità, relazione, corporeità, maschile e femminile, dialogo, reciprocità... Mi sono ritrovato a pensare tutto questo alla luce di una parola sulla bocca di Gesù: "Ho sete". La dice anzitutto ad una donna, seduto sull'orlo di un pozzo nell'ora più calda del giorno (Gv 4,8) e la ripete appeso al legno maledetto (Gv 19,28), rivolgendosi non si sa bene a chi - se stesso, il Padre, noi umani...? Gesù, la maschilità esemplare, esprime la sua struttura profonda di desiderio in relazione alla femminilità: quella della donna (delle donne) incontrata e quella di se stesso, identificatosi nell'ora della croce con la partoriente (Gv 16,21). Il percorso di ricerca e di esperienza distillato nel libro mi ha collocato infatti dalla parte del femminile, interrogando la maschilità attraverso l'invito ad una reciprocità che diviene apprendimento di un'arte (custodita prevalentemente dalle donne?): quella di dare un nome al proprio desiderio non in modo solipsistico ma nell'avventura splendida e difficile della relazione. Il dialogo presuppone e insieme dà fondamento all'essere in due, momento critico e rivelativo della stessa creazione sottoposta alla verifica del Dio che l'ha voluta: "Non è bene che il terrestre sia solo". L'atto del creare, che separa, apre la ferita insanata e insanabile del desiderare collocandoci nella spaccatura che ci genera di continuo. E se fossimo, a somiglianza di Colui che donando la vita dà alla vita nell'acqua e nel sangue (Gv 19,34), partorienti/partorite dal proprio desiderio decifrato e reso reciproco all'alterità che ci de-finisce oltre la finitudine? Se, come sembra dire la vicenda della donna di Samaria incontrata da Gesù, la sete si fa principio di relazioni consumate una via l'altra nel tentativo patetico di suturare la ferita del desiderio? Gli sguardi sul desiderio, che il libro racconta, non sono solo differenti: sono fatica e disagio, insicurezza e crisi. Meglio non avere sete? I discepoli, raggiunto Gesù fermo al pozzo, si meravigliarono che parlasse con una donna (Gv 4,27);anche se non hanno il coraggio di interrogarlo: paura di interrogare il loro desiderio, di mettere a nudo un'identità religiosa identificata con quella maschile ("Ti ringrazio di non essere nato donna", prega il pio israelita maschio, tre volte al giorno)? Nel testo si cita un verso di E. Dickinson: "Ed avevo quell'andatura incerta / che chiamano esperienza"; ma la stessa poetessa afferma che il passo ulteriore è irrevocabile. Forse Gesù vuole consegnare alla donna il segreto non per non andare più al pozzo ma per riappropriarsi della sua sete. Che dire, al dunque, sul libro che mi è venuto tra le mani? Chi vuole leggerlo, lo legga; ne trarrà profitto. Da parte mia penso inviti, in qualche modo, a continuarlo come ciascuno crede: non per aggiungervi pagine ma per declinare vita. "Maschio e femmina li creò" (Gn 1,27): non si tratta di un'antropologia duale già tutta definita e bloccata, quanto piuttosto di un'antropologia vocazionale che dal desiderio approda all'identità attraverso la relazione (e da qui riparte per il cammino inverso). Diventa ciò che sei, per essere ciò che diventi: pro-vocato dall'alterità, nel gioco rischioso e bello della reciprocità. La prima cosa che mi ha incuriosito, del libro, è stato il disegno di copertina (una sorta di schizzo schematico, dove a partire dal maschile e femminile altre parole e frecce si collegano e si intersecano). Testimonia la fatica del percorso e la volontà tuttavia di tracciare un senso: ma non è questa la vita? Dario Vivian |