Anno XXXIX - n. 4 - dicembre 2014
Carmine Di Sante
Dio e i suoi VoltiPer una nuova teologia biblica
Edizioni San Paolo srl, 2014 – pp.292
In questo saggio l'autore si interroga sulla “religione” biblica, cioè sul volto di Dio così come emerge dal racconto anticotestamentario e neotestamentario. Dio ha un solo “volto” il volto dell'Amore. Parlare dei volti di Dio è articolare in che senso, per la Bibbia, Dio si rivela come amore. I criteri dai quali l'autore si è lasciato motivare nella stesura del saggio sono cinque: Il primo: il racconto fondatore. La Bibbia è una pluralità di libri nei quali si registrano tutti i generi letterari; ma più importante e a monte di questi è il linguaggio “mitico”, cioè il linguaggio narrativo, quello al quale ricorrono le religioni per parlare del darsi e del rivelarsi del divino all'uomo. Il grande studioso Raffaele Pettazzoni (1883-1950) afferma che “il mito è una storia vera” non sul piano dei particolari linguistici ma su quello del significato. Il secondo: il carattere rivelativo del racconto fondatore. Mettendo narrativamente in scena la presenza dell'essere divino il mito dice chi è Dio e contemporaneamente dice chi è l'uomo e che cos'è il mondo del quale e nel quale l'uomo vive. Il terzo: il carattere unificante del racconto fondatore. La Bibbia non si compone solo del racconto fondatore (il racconto esodico) ma anche di altri libri che, per la tradizione ebraica, sono i Nebiim e i Ketubim (i libri storici, poetici, sapienziali e profetici nella tradizione cristiana). Quale il rapporto tra queste sezioni della Bibbia e il racconto fondatore? Secondo l'autore è che non si aggiungono né si giustappongono al racconto fondatore ma di questo sono la ripresa e l'approfondimento. Il quarto: la dimensione ermeneutica. Le pagine di questo saggio sviluppano soprattutto l'aspetto ermeneutico più che il dato esegetico. Esse si interrogano sul senso del racconto fondante. Compito ermeneutico non è sostituire al mito il logos, come se il primo fosse infantile e inadeguato a dire la verità di cui solo il secondo sarebbe capace, ma far emergere la potenza del logos custodito dal mito; altro, sia da quello della filosofia che da quello della scienza. Il quinto: il racconto fondatore ricostituito dall'evento neotestamentario. E' noto che il rapporto tra il Nuovo e l'Antico testamento è stato ed è difficile e controverso. La relazione proposta in queste pagine è quella secondo cui l'alleanza neotestamentaria è la restaurazione o ricostruzione dell'alleanza messa in luce dal racconto fondatore ebraico. Il saggio si conclude con un capitolo su Il Dio del silenzio che nasce dalla consapevolezza dello scarto irriducibile tra Dio e il linguaggio, il linguaggio che Dio rivolge all'uomo e il linguaggio che l'uomo rivolge a Dio. Ecco allora l'ultimo approdo del testo: il volto di Dio come Amore e come Dio del silenzio, perchè la parola definitiva di fronte a Dio è il silenzio adorante e operante. Ciò non esclude la parola di Dio e su Dio ma la sottrae all'idolatria che la perverte. B.L.M
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