Anno XXII - n. 4 - dicembre 1997
Clarissa Pinkola EstésL'incanto di una storiaFeltrinelli, Milano 1997, pp. 52
È come una collana di "piccolo perle coltivate" questa raccolta preziosa di brevi favole che Clarissa Pinkola Estés ci dona e che, come anticipa il titolo del libriccino, sanno incantarci. Le storie ci presentano in controluce necessariamente, qualche tratto della fisionomia dell'autrice, spirito sensibile ai problemi del tempo, il cui carisma è dovuto alle ricorrenti sue facoltà di rispecchiare, nella propria, la peripezia spirituale di intere generazioni. Descrizioni ricche di melodie, di simboli, di echi fantastici e di toni moderni evocano atmosfere cariche di fascino e suggestione. «Per quel che mi ricordo ho sempre identificato la funzione del poeta con le sue capacità di ricordare, di non dimenticare, di rendere durevole nelle parole ciò che è caduco, di far rivivere il passato evocandolo e descrivendolo con amore. Inoltre dalla vecchia tradizione idealista mi deriva la concezione del poeta come colui che insegna, che predica, che ammonisce. Non come colui che indottrina, ma come colui che esorta, che anima la vita». Queste parole di H. Hesse individuano bene il profilo dell'autrice, psicanalista junghiana e cantadora (custode delle antiche storie), che ha esercitato per 25 anni in uno studio privato ed è stata executive director del C.G. Jung Centerfor Education and Research di Denver, nel Colorado. Attualmente l'autrice è a capo della Guadalupe Fondation, un'organizzazione umanitaria che tra i propri scopi contempla quello di trasmettere via radio storie confortanti nei vari punti caldi del globo. Questo impegno appassionato è la testimonianza più efficace della capacità di amore di Clarissa Pinkola Estés se, come dice E. Fromm, «amore e fatica non sono separabili. Si ama ciò per cui ci si affatica e ci si affatica per ciò che si ama». «Nell'applicazione popolare - queste storie - sono concepite e usate come un'ampia gamma di farmaci capaci di risanare, ognuno dei quali prevede una buona preparazione spirituale e certe intuizioni, nel guaritore quanto nel paziente. Tradizionalmente queste storie medicinali hanno molti e diversi usi: servono per insegnare, correggere errori, alleviare, accompagnare una trasformazione, medicare le ferite, ricreare la memoria. Il loro fine principale è di educare e arricchire l'anima e la vita terrena» (pp. 6-7). Queste favole ci fanno palpabilmente capire come l'amore non possa essere separato dalla responsabilità e come tutto questo ci trasmetta sollecitudine e impegno per la crescita e lo sviluppo di tutte le potenzialità umane, comprese quelle "creative" che liberano e sprigionano le energie vitali presenti in noi. M. Rosaria Gavina |