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Anno XXIII - n. 4 - dicembre 1998

 

 

Enzo Bianchi (a cura di)

 

Un raggio della tua luce. Preghiere allo Spirito santo

 

ed. Qiqaion, Comunità di Bose, 1998, pp. 240

 

 

Abbiamo ricevuto quest'anno dalla chiesa l'invito a concentrarci sul mistero di vicinanza, di inabitazione (gli ebrei parlano di shekinah, che è i-nabitazione nel tempio, il verbo shakal significa "abitare") dello Spirito di Dio nella nostra vita concreta, quotidiana. Sulle tracce dello Spirito, dunque, nella ferialità. Lo Spirito c'è sempre, ma l'arte di scoprirne la traccia, la capacità di coglierne la vicinanza? Dove riconoscerne le "orme"?

La prima via è quella della lectio, del momento di intelligenza o di lucidità: leggere la scrittura per scoprire lo Spirito e, leggendo, ridare vita al fuoco: coloro che hanno pratica del fuoco con la legna sanno che non si deve soffiare troppo, si deve alimentare il fuoco con il soffio, questo è l'esercizio paziente ma insistente.

La seconda via è la preghiera. Riceviamo un anno dove possiamo pregare con lo Spirito, nello Spirito, allo Spirito che è l'anima della nostra preghiera. S. Agostino, all'inizio delle Confessioni, parla di in-vocare, vo-care dentro, chiamare dentro lo Spirito. Il testo Un raggio della tua luce ci introduce e aiuta in questo "lavoro" con una raccolta di preghiere allo Spirito santo non «raffazzonate da una parte o dall'altra senza discernimento, ma (si tratta) di una collezione vagliata a lungo, misurata e temprata in base alla fede della chiesa indivisa» (pag. 5). La tradizione greca e bizantina, siriaca maronita, armena, mozarabica, l'occidente latino, la chiesa ortodossa, la chiesa della Riforma e la chiesa cattolica e, inoltre, inni, preghiere e contemplazioni dalla liturgia di Bose costituiscono la "traccia" intravedendo la quale ci è dato di percorrere seguendone le orme, un cammino, di sentire e gustare una realtà viva che ha animato, di comunità m comunità, la fede delle chiese nei secoli.

La preghiera dello Spirito non può svilupparsi in noi se non c'è una qualità di "attenzione" al suo lavoro, una passività. Abbiamo bisogno della nostra attenzione per essere vulnerabili, per essere accoglienti: "dulces ospes animae" dice l'inno, ospite dolce dell'anima resa dolce; lo Spirito santo è un ospite che entra solo se l'anima stessa è diventata silenziosa pacifica, recettiva per la sua dolcezza. Tanti valori è impossibile accoglierli senza partecipare ai valori.

Maria Rosaria Gavina

   
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