Anno XXXVII - n. 2 - giugno 2012

EDITORIALE

Parlate e agite come persone
                                                                     che devono essere giudicate
                                                                     secondo una legge di libertà.

       Lettera di S. Giacomo 2, 12

Questa citazione, con cui il teologo Vito Mancuso introduce il suo libro “Obbedienza e libertà”, mi sembra in consonanza con le parole con cui il teologo Carlo Molari conclude la relazione che pubblichiamo: “… dobbiamo essere consapevoli che ciò che emerge dall'esperienza è sempre particolare e non può essere come tale universalizzato; tuttavia la necessità di far sentire la voce deve essere percepita da tutti, perché la Chiesa può procedere solo così, altrimenti si chiude in se stessa e non può annunciare nessun Vangelo di gioia e di salvezza… dobbiamo sentire il dovere di trasmettere a chi ha il compito di ascoltare e di proporre, ciò che emerge dall'esperienza dei credenti, di coloro che vivono la fede nelle famiglie, nella vita politica, nella vita sociale; e questo lo dobbiamo sentire come obbligo, come dovere; i mezzi li troviamo certamente perché sono possibili oggi”.

E’ ciò che vorremmo fosse “Matrimonio”: obbedienza e libertà, franchezza nel parlare, disponibilità ad ascoltare e speranza di essere ascoltati.

In questa prospettiva di dialogo si collocano i tre contributi: di Nanni Russo (la Chiesa è preoccupata della funzione pedagogica della legge, perché ritiene che la legge abbia una funzione pedagogica, crei cultura, crei costume; questo è vero, però riflettendo un po' più a fondo a me pare altrettanto vero che la legge non ha soltanto una funzione pedagogica; la sua funzione prima, elementare, è quella di risolvere dei conflitti, di risolvere dei problemi; allora la vera questione in rapporto al tema delle convivenze di fatto è se i problemi delle convivenze siano una invenzione o siano una realtà, se ci siano problemi da regolare o no, chi è che debba dare questa risposta: questo mi pare un punto fondamentale rispetto alla Chiesa), di Luisa Solero (Io penso che un po’ più di coraggio non guasterebbe, che la gerarchia dovrebbe fare qualche passo indietro, confidando e affidandosi all’esperienza dei laici, posto che insieme facciamo la chiesa. Insieme in umiltà, ma anche con coraggio) e di Chiara Benciolini   (Caro don, la mia vita - e la tua no? - è intessuta di dialogo e relazioni. Sono queste relazioni che la costruiscono e danno gusto all’esistenza, nella loro bellezza e nella fatica che richiedono. Sono convinta che preti e laici possiamo coltivare mature e profonde amicizie in cui trovare reciprocamente coraggio e gioia, sostegno e aiuto).

Risuonano qui le parole, che sembrano dimenticate, della Costituzione conciliare Gaudium et spes (Dai sacerdoti i laici si aspettino luce e forza spirituale… Non pensino però che i loro pastori siano sempre esperti a tal punto che, ad ogni nuovo problema che sorge, anche a quelli gravi, essi possano avere pronta una soluzione concreta, o che proprio a questo li chiami la loro missione; assumano invece essi, piuttosto, la propria responsabilità, alla luce della sapienza cristiana e facendo attenzione rispettosa alla dottrina del Magistero…).

Su questa linea si pone anche il prezioso contributo di Cristina Bartolomei, che riflette sullo stretto legame tra la teologia del matrimonio e la teologia della Chiesa in d. Germano Pattaro di cui, più il tempo passa più cogliamo la profezia che ci è stata affidata (Qui avviene la grande svolta. Su tali basi e in tale prospettiva, ‘ministero’ nella chiesa e della chiesa non è più identificato con compiti intra-ecclesiali, che siano essi gerarchici o laicali. L’essere ministri in e di questa chiesa, così compresa, si attua anche «nell’area del servizio che la chiesa svolge nei confronti del mondo. Si parla… di ‘ministeri del regno’ ed è evidente che il riferimento afferma la ‘laicità’ di questi servizi»).

E ancora una volta la preghiera-poesia dice in maniera folgorante il significato che ha l’amore sponsale in questa fatica di mostrare che la fede è relazione, che la spiritualità è relazione (Signore, sei formidabile!/Ci hai dato un corpo./ Ed ecco: sa parlare/un nostro gesto ha in sé mille parole/un nostro bacio è forte come un grido/ogni carezza è come un fraseggiare/domanda offerta, confessione e dono/Signore, sei veramente formidabile/Questo linguaggio tutto personale/che dice quel che non possiamo dire/che apre al cuore porte sconosciute/per un incontro nuovo, tanto atteso/ma anche pieno di trepidazione/questo linguaggio di carne che ci aiuta/ad una più sconfinata confidenza/ ha inscritti i segni della tua presenza/dentro di noi,nel nostro stesso corpo/Aiutaci a parlar parole buone/parole semplici,parole sempre nuove/fa' che ogni gesto della tenerezza/sia punto di partenza, non di arrivo,/sia mano aperta, delicata attenta,/non mano che carpisce solitaria/Signore, sei veramente formidabile!/Ci hai dato un corpo. Ed ecco sa parlare/Fa' che parliamo sempre al tuo cospetto,/e tu ci ascolti,e ne gioisci. Amen.)

Furio Bouquet

   
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