Anno XLIII - n. 2 - giugno 2018

  

Editoriale

 

                                                           

                                       Abbiamo imparato a volare come gli uccelli,

                                       a nuotare come i pesci,

                                       ma non abbiamo imparato

                                       l’arte di vivere come fratelli

                                                      Martin Luther King

Come preannunciato, continuiamo in questo numero la riflessione sui due documenti che alcuni leggono in termini di compatibilità e altri ritengono contrapposti, incompatibili: Humanae vitae (Paolo VI, 1968) e Amoris Laetitia (Papa Francesco, 2016).

Abbiamo scelto le parole che Martin Luther King ha pronunciato poco prima di essere ucciso, per esprimere il disagio che proviamo in questo numero difronte all’asprezza di certe critiche - anche di cardinali - a papa Francesco che si possono leggere in rete e sono pure ricordate in questo numero dall’intervista a mons. Bettazzi e dagli articoli di Battista Borsato e di F. Bouquet.

La critica giunge fino a ricordare che un papa può essere deposto perché eretico, perché il suo insegnamento non è conforme alla tradizione che la Chiesa ha sempre fatto sua.

Nell’intervista concessa all’Avvenire, e curata da Luigi Moia, mons. Luigi Bettazzi - uno degli ultimi testimoni diretti del Concilio Vaticano II - ricorda come anche su Paolo VI, che aveva avocato a sé il tema della morale coniugale e della procreazione, furono esercitate forti pressioni: I tormenti ci furono. E anche le sollecitazioni. La posizione rigorosa del cardinale Ottaviani e dell’allora Sant’Uffizio non è un mistero”. Mons. Bettazzi ricorda peraltro che questo accadeva anche ai tempi del Vangelo: “Gli oppositori di Gesù provenivano dall’area più intransigente, da coloro che guardavano alla lettera della religione, scribi e farisei. Oggi come allora, cambiare significa rinunciare a determinate posizioni, a una fetta del proprio potere, quello politico e quello ideologico” e afferma che “pensarla diversamente è normale e anche giusto, ma il confronto deve avvenire nella carità, nel rispetto reciproco”.

Per d. Angelo Casati la risposta sta nella capacità, nel coraggio responsabile, di “sconfinare”, di andare oltre ai modelli codificati:

“A me sembra di poter dire che non ha avuto, e non ha nemmeno oggi buona frequenza nei nostri ambienti ecclesiastici, un’educazione allo sconfinamento e all’invenzione. Ha avuto, ed ha, più frequenza invece, nei nostri ambienti, un’educazione alla ripetizione. Provate ad immaginare quante cose nel mondo sarebbero fiorite se, anziché insegnare a ripetere modelli, avessimo insegnato ad ascoltare il vento, il vento di cui parlava Gesù nella notte a Nicodemo. Quando gli diceva che i veri credenti sono come il vento, sconfinano: il vento non sai di dove viene e dove va”.

Sulla stessa linea si muove la riflessione di Furio Bouquet: È dall’incontro con il volto dell’altro che il percorso del discernimento inizia, là dove il volto “narra” la sua storia di speranze e disillusioni, di coraggio e di debolezze, di generosità e di grettezze…

Guardare al volto, “ascoltare” il volto dell’altro che ci interpella vuol dire sottrarre l’altro al rischio di essere trattato come funzionale alle istituzioni, che riducono la persona, nella sua unicità, a ”caso”, a individuo anonimo …”.

Battista Borsato esplora le “novità” per i divorziati risposati in Amoris Laetitia e, dopo aver individuato, nella riflessione di papa Francesco, tre aperture (Una norma generale non può rispondere a tutti i problemi particolari. Il tempo è superiore allo spazio. L’indissolubilità non è più vista come un giogo, ma come un dono) propone una “conclusione aperta”: “Il discernimento delle situazioni può creare disagio, nei pastori, nelle guide spirituali e nelle comunità … però papa Francesco confida nella gioia dell’amore … Nessuno deve temere che, con Amoris Laetitia, ci inviti a un cammino troppo facile. Il cammino non è facile, ma è pieno di gioia”.

La citazione iniziale di Martin Luther King è richiamata nella riflessione di Maya Lissoni: “È tempo che si produca una nuova mutazione, che ci consenta di disinnescare la miccia della violenza che distruttività e paura accendono e alimentano. Essa deve avvenire nella mente dell’uomo non per caso, bensì voluta, ricercata, da tempo intuita, finalmente attuata”

Il numero si chiude con la preziosa testimonianza di Bepi Stocchiero, sollecitata dalla discussione in redazione del problema del fine vita (Matrimonio, 2017-4, pag. 17-24) e dalla vicenda del piccolo Alfie, al quale “ope legis” è stata interrotta la respirazione assistita, che lo teneva in vita.

Scrive Bepi: “Maria Rosa, mia moglie, da dieci anni è malata di Alzheimer, da quattro è completamente invalida, bisognosa di tutto, assistita amorevolmente da una collaboratrice (odio la parola “badante”). Pur nella sua completa immobilità, mi e ci regala spesso dei sorrisi, misteriosi, profondi, gratificanti. È il suo unico modo di comunicare, tuttavia per me è un gesto splendido”. Ma, consapevole del rapido decadimento della sua sposa, che lo porrà difronte all’alternativa accettare o rifiutare l’alimentazione via PEG, si pone l'interrogativo su “a chi, come e quando spetta la decisione di provvedere pro o contro la prosecuzione della vita di una persona incapace di esprimere la propria volontà in proposito. … Qual è il bene del malato? Scegliere forme di cure di sopravvivenza è nell'interesse del malato?”.

Furio Bouquet

 

   
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