Anno XLII - n. 1 - marzo 2017
Editoriale
Il nostro insegnamento sul matrimonio …
non può cessare di ispirarsi e di trasfigurarsi
alla luce dell’annuncio di amore e tenerezza,
per non diventare mera difesa di una dottrina
fredda e senza vita. [1]
Nel primo incontro redazionale del 2017 abbiamo cercato di identificare le linee lungo le quali ci muoveremo nei quattro numeri di questa nuova annata.
Continueremo a riflettere sulle prospettive aperte dall’esortazione Amoris laetitia (A.L.), chiedendo anche l’aiuto di teologi e biblisti.
Abbiamo scelto le parole succitate quale orizzonte cui guardare, con riferimento: 1) al significato della sessualità nelle relazioni d’amore, valorizzando un’altra espressione che si trova nello stesso documento: “un amore senza piacere né passione non è sufficiente a simboleggiare l’unione del cuore umano con Dio [2]; 2) al tema delle situazioni “cosiddette irregolari” e in particolare a quello dei “divorziati-risposati” e alla ben nota indicazione a vivere “come fratello e sorella” per accedere ai sacramenti della riconciliazione e dell’eucaristia, convinti che “l’amore matrimoniale non si custodisce prima di tutto parlando dell’indissolubilità come di un obbligo, o ripetendo una dottrina, ma fortificandolo grazie ad una crescita costante sotto l’impulso della grazia”. [3]
In questo numero ospitiamo l’articolata riflessione di d. Dario Vivian sulle prospettive pastorali di A.L. che vi coglie “la consapevolezza che non è opportuno e di fatto nemmeno possibile elaborare una pastorale complessiva sulla famiglia, che possa valere indistintamente per tutti i luoghi e tutte le situazioni … Il motivo di questa scelta è duplice e riguarda da una parte la realtà della chiesa e dall’altra le prospettive culturali entro cui si fa famiglia oggi”.
Angelo Recusani si sofferma su un altro aspetto di A.L.: “Il patto matrimoniale è caratterizzato da due poli apparentemente opposti, quali unità e distinzione, appartenenza e differenziazione e questa essenziale coesistenza di funzioni quasi antitetiche, emerge con evidenza nell'Amoris Laetitia … Francesco evidenzia il limite della realtà umana e la necessità di rispettare, accogliere, sostenere un cammino trasformativo della coppia che dura tutta una vita … e afferma “non si deve gettare sopra due persone limitate il tremendo peso di dover riprodurre in maniera perfetta l'unione che esiste tra Cristo e la sua Chiesa, perché il matrimonio … implica un processo dinamico, che avanza gradualmente …”
Abbiamo raccolto, sotto il titolo “Indissolibilità – Fedeltà” alcuni “frammenti” che, in qualche modo introducono l’articolo di mons. Adolfo Longhitano “Indissolubilità: ideale e dono”, riflessione preziosa anche perché viene da una persona impegnata in un Tribunale ecclesiastico.
“Quale concezione ha papa Francesco della indissolubilità del matrimonio? … Mentre, nei primi secoli, l’indissolubilità del matrimonio veniva considerata come un valore etico altissimo, che gli sposi cristiani dovevano raggiungere … a partire dal IV secolo la Chiesa di Occidente … ha preferito comprendere l’indissolubilità come una “catena” o un “giogo”, che lega per sempre i due sposi … Le conseguenze pastorali di queste due concezioni sono molto diverse: l’indissolubilità concepita come ideale etico e come dono prevede una gradualità nella sua attuazione … (una) molteplicità di situazioni (cui) corrisponde una diversità di trattamento pastorale”.
Luisella Paiusco si pone la domanda: finché morte non vi separi … e dopo? E scrive: “La vita precede il nostro vivere e ne è la fonte e continuerà quando noi non saremo più vivi. La morte è il mistero in cui sfocia il nostro morire. Ma della vita e della morte, intese in senso assoluto, non sappiamo niente. Le certezze della fede non sono un sapere ma un credere e lasciano intatto il mistero … Ma noi stiamo parlando della coppia, della morte di uno dei due che la formano. Che cosa muore quando uno dei due muore? Muore questa coppia, ma non tutto ciò che questa coppia ha costruito. Chi resta lo conserva in sé, in quello che è diventato vivendo insieme, e fuori di sé, nella famiglia che eventualmente si è formata”.
Quella di Angelo Reginato, Pastore battista, è una testimonianza della sofferenza e del senso di impotenza di fronte alla morte di un bambino e al dolore dei suoi genitori: “di fronte alla morte improvvisa di un bambino … quando crolla tutto … che cosa può fare il giusto?” … le parole ammutoliscono … rimangono solo le mani per abbracciare e asciugare le lacrime … Di che cos’è fatta la spiritualità? Della materia della vita.
La rubrica “Le parole che segnano la nostra vita” riassume gli interventi del presidente Obama all’ONU e di papa Francesco ad Assisi, accomunati dalla denuncia dei mali del tempo che stiamo vivendo: “il fondamentalismo religioso; le politiche etniche, tribali o settarie; un nazionalismo aggressivo, un becero populismo” … che non riconoscono la nostra comune umanità. Una nazione che si circondasse interamente di muri non farebbe che imprigionare se stessa” Obama); la necessità “di uscire, mettersi in cammino, trovarsi insieme, adoperarsi per la pace … superare le chiusure, … affrontare la grande malattia del nostro tempo: l’indifferenza … un virus che paralizza, rende inerti e insensibili, che intacca il centro stesso della religiosità, ingenerando un nuovo paganesimo: il paganesimo dell’indif-ferenza” (Francesco).
Pubblichiamo la preghiera dei fedeli pronunciata in occasione del matrimonio di Maria Giustina (cristiana) e Abir (induista), con i loro valori profondi, con quell’anima universale che varca tutti i confini e va “oltre”, attraverso il rispetto di religioni e culture, nel nome di un unico principio superiore, di una natura da rispettare, di una umanità da amare.
Chiude il numero la Lettera che il teologo protestante Dietrich Bonhoeffer scrisse alla fidanzata pochi giorni prima di essere impiccato nel campo di sterminio di Flossemburg.
La segnalazione in quarta di copertina, curata da d. Battista Borsato, fa riferimento a un tema che è stato particolarmente caro a d. Germano Pattaro, il teologo e amico che ha partecipato alla nascita della nostra rivista: l’ecumenismo.
L’iniziativa di papa Francesco - molto criticata negli ambienti conservatori della Chiesa - di andare in Svezia per la celebrazione dei 500 anni della Riforma protestante e il riconoscimento delle ragioni di Martin Lutero costituisce un passo importante per il riconoscimento del valore dell’originalità e della diversità di ogni confessione cristiana. Questo cammino ci può consentire di annunciare il vangelo di Gesù in un abbraccio riconciliato.
Furio Bouquet
[1] Papa Francesco: Amoris laetitia n. 134
[2] Idem, n. 142
[3] Idem, n. 59
Anno XLII - n. 2 - giugno 2017
Editoriale
Le sfide ci aiutano a far sì che la nostra fede non diventi ideologica.
Le ideologie crescono quando uno crede di avere la fede completa.
Le sfide ci salvano da un pensiero chiuso e definito
e ci aprono a una comprensione più ampia del dato rivelato [1]
Noi dobbiamo avviare processi. [2]
La nostra rivista attinge ormai regolarmente alle parole di papa Francesco, non perché ci aspettiamo una soluzione “dall’alto” dei molti problemi che la Chiesa ha difronte, ma piuttosto perché li porta alla luce come non più rinviabili, avvia processi non affidandosi alla “forza” dei numeri ma alla “debolezza” della testimonianza, e lascia spazio a proposte che vengano “dal basso”.
Un proverbio cinese dice: “Se pensi all'anno prossimo, semina il granturco. Se pensi ai prossimi 10 anni, pianta un albero. Se pensi ai prossimi 100 anni, istruisci le persone”.
Cento anni sembrano tanti, ma non dimentichiamo che il Card. C. M. Martini ha valutato in duecento anni il ritardo della Chiesa nell’incontro con la modernità! Negli ambienti più conservatori della Chiesa si guarda con sospetto a questo incontro, soprattutto per quanto attiene alla dottrina sul matrimonio e la famiglia, ma noi crediamo che esso possa avvenire, senza tradire l’annuncio evangelico, ma al contrario cogliendone l’inesauribile novità.
In questo senso si muove la riflessione di Giovanni Grandi attorno al tema dell’indicazione per i divorziati risposati a vivere “come fratello e sorella”: “La fedeltà è quella tenuta del nostro desiderio di donarci in via esclusiva, facendo di noi stessi qualcosa di unico per l’altro/a. A meno di non ridurre l’umano a una meccanica del piacere sensuale … l’unione sessuale si inserisce in una storia, che è fatta di infiniti altri gesti di donazione … e ben si presta a diventare non solo l’emblema, ma anche … e più direttamente il sintomo della salute e della consistenza della relazione stessa”.
Anche Andrea Grillo rileva l’ambiguità di tale indicazione, quale condizione per accedere al sacramento dell’eucarestia, e nota il mutamento di prospettiva introdotto da Amoris Laetitia: “In effetti la disciplina secondo cui i divorziati risposati possono accedere alla pienezza della comunione ecclesiale se promettono di vivere “in continenza” – “come fratello e sorella” – costituisce una “soluzione” che risponde perfettamente alla definizione che ho citato all’inizio (“Il consenso matrimoniale è l’atto di volontà con il quale ciascuna delle due parti trasmette e riceve il diritto sul corpo –ius in corpus-), perpetuo ed esclusivo, in ordine agli atti di loro natura adatti alla generazione della prole" (can. 1081 § 2 – cjc 1917). Se non eserciti lo “ius in corpus” di fatto svuoti il matrimonio (secondo) della sua realtà e salvaguardi la “unicità” dell’unico ius sull’unico corpus.
Ora è certo che Amoris Laetitia ha compiuto un passo molto importante nel “ridimensionare” le prerogative di questa “soluzione”.
Tornano le parole di Francesco: “le sfide ci salvano da un pensiero chiuso e definito e ci aprono a una comprensione più ampia del dato rivelato”.
Lidia Maggi affronta la domanda “Che cosa spinge un uomo, una donna, a decidere di dedicare anni, decenni della propria vita per crescere, educare, accudire un'altra persona, rinunciando al proprio tempo libero, mettendo in secondo piano i propri interessi? “ e, riflettendo sul tema della riduzione della natalità, richiama l’attenzione sul fatto che, contrariamente a semplicistiche proposte quali il fertility day “Occorre riscoprire, invece, una grammatica della generatività”.
Roberto Brusutti torna sul tema di cui ha scritto nel numero precedente la sua sposa: finché morte non vi separi. E scrive: “La scrittura mi dice che posso contare su un Dio che si chiama “Colui che c’è e ci sarà sempre” (Esodo 3,14), che, se è già stato una presenza relazionale importante anche quando avevo a fianco moglie e figli, magari continuerò ad avvertirlo vicino a me anche da vedovo e solo … Questo è per fede, non per conoscenza. Quello che posso conoscere della mia vita è il tratto che va dalla nascita alla morte, sapendo che c’è stato un prima, gestazione, e che non è da escludere che ci possa essere un dopo; un dopo che non conosco, sul quale non ho parole mie”.
Luisa Solero racconta la doppia celebrazione del matrimonio della figlia Maria Cristina in Italia, con rito cattolico, e in India dove il matrimonio “E’ una festa di sorrisi, di vesti colorate, di musiche e di danze, di serate con pietanze tipiche, di giardini, di addobbi e di luci. E la cerimonia del matrimonio ha la magia dell’incontro, sembra di essere in una delle storie da Mille e una Notte”.
Nella terza di copertina abbiamo creduto opportuno riproporre ai lettori che per la prima volta hanno voluto accordarci fiducia, abbonandosi a Matrimonio, la presentazione del gruppo redazionale, che è presente anche nel sito web www.rivista-matrimonio.org della Rivista.
Alle nostre famiglie “imperfette” dedichiamo la poesia di Alda Merini: “Perderti è come perdere la speranza/ ed io ti ho perduto/ non una ma un milione di volte/ e ritrovarti è come sorgere dall’eterno peccato/ per vedere le falle della vita/ ma anche le tue mobili stelle: / Tu sei un Dio d’amore”.
Furio Bouquet
[1] Papa Francesco, Visita pastorale a Milano, 25 marzo 2017, Omelia alla S. Messa al Parco di Monza
[2] Idem, Incontro con i sacerdoti e i consacrati, Duomo di Milano.
Anno XLII - n. 3 - settembre 2017
Editoriale
La Torà, una volta donata agli uomini,
non è più nei cieli (Dt 30,12), ma nel nostro cuore,
per compierla e interpretarla, e su di essa Dio non
può esercitare alcun diritto di proprietà e interpretativo …
e di conseguenza la Torà è affidata esclusivamente
alla responsabilità dei Maestri e di ogni uomo,
in ogni generazione. [1]
Nel giro di poche settimane la morte ha visitato la nostra redazione e si è portata via Roberto Brusutti e Luigi Maini.
Entrambi provenivano dall’esperienza dei Gruppi di spiritualità coniugale e famigliare, erano cresciuti alla scuola di d. Germano Pattaro, erano stati tra i fondatori della nostra rivista e facevano parte, fin dall’inizio, del gruppo redazionale.
Luigi parlava poco, ma era puntualmente attento ai passaggi critici della discussione, in coerenza con la sua duplice fedeltà alla Parola di Dio e alla parola dell’uomo.
Di Roberto credo possa parlare l’articolo che pubblichiamo: Germano Pattaro – beni preziosi. E’ il suo ultimo scritto per Matrimonio, che egli si proponeva di rivedere, dopo la discussione in redazione, ma che abbiamo comunque ritenuto di pubblicare nell’ultima stesura disponibile.
Mi pare che ci sia un filo conduttore sotterraneo tra gli articoli di questo numero di Matrimonio: la Bibbia, primo e secondo testamento. E’ il codice fondamentale del cristianesimo, ma nella sua lettura possiamo porci a due estremi: da un lato possiamo farne una lettura letterale, sacralizzando ogni parola, dichiarandola Parola di Dio; dall’altro possiamo farne una lettura arbitraria, minimizzando la parola di Dio ed enfatizzando la parola dell’uomo, fino a negare alla Scrittura ogni valore di verità in nome della modernità e della cultura scientifica.
Le parole su riportate ci ricordano che la Bibbia è Parola di Dio espressa nel linguaggio dell’uomo, affidata alla responsabilità dell’uomo, rispettoso della continuità col passato, ma aperto all’innovazione che i mutamenti culturali richiedono.
Questa doppia dimensione della continuità e dell’innovazione richiede una lettura dei testi biblici, non solo personale, ma anche comunitaria, in un dialogo che accoglie le differenze integrandole.
Tutta la riflessione di d. Ruggieri (La sinodalità nella chiesa), benché non abbia a tema la Bibbia, rimanda alla responsabilità personale e comunitaria della sua lettura e interpretazione.
Anche la riflessione di A. Casati ci richiama al rischio di una lettura distorta e fuorviante della Bibbia: “Non raramente, rifiutato non è il volto vero di Dio, ma il volto contraffatto di Dio, la sua sconsacrazione o la sua banalizzazione … per esempio, Dio prende il volto del Dio sorvegliante e non del Dio custode … nelle pagine più illuminate e più luminose della Bibbia il “Dio ti vede” è per dirti che puoi essere un cucciolo d’uomo, sperduto in un deserto, ma Dio ti vede, ha un pensiero per te. Dio è custode, salvezza del tuo volto”.
Chiude il numero una pagina scritta dal Gruppo di presbiteri e laici di Trieste “Camminare insieme”: (Non a tutti piace la primavera), che pure ci ricorda che le critiche a papa Francesco si appoggiano spesso su una lettura letterale e parziale della Bibbia: “Molto si parla, ma astrattamente e distaccatamente, di dottrina e di morale, soprattutto sessuale ,,, infarcita peraltro di condanne astiose, dimenticando che quel Maestro aveva detto: ‘Chi è senza peccato, scagli la prima pietra’… e ‘Ero straniero e mi avete ospitato’…“
Furio Bouquet
[1] Gianpaolo Anderlini, esperto di ebraismo; “Cercate Dio dove si fa trovare” (Is, 55,6) Esodo, giugno 2017, pag. 4.
Anno XLII - n. 4 - dicembre 2017
Editoriale
Smettiamo di chiederci “chi sono io?”
e chiediamoci “per chi sono io?” [1]
Il Natale, ormai prossimo, è il momento per porci la domanda formulata da Vincenzo Paglia.
Dio cessa di essere l’Altissimo lontano e si incarna nella nostra umanità, si fa vicino, Dio “con noi”, Dio “per noi”.
E si rinnova la promessa “spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri/ una nazione non alzerà più la spada/ contro un’altra nazione/ … giustizia e pace si baceranno …”.
Ci domandiamo: “ma quando accadrà?” e dimentichiamo che la realizzazione di questa profezia è affidata a noi, che nemica della pace non è solo la guerra, ma ancor più l’indifferenza, che ci rinchiude in noi stessi, rendendoci incapaci di domandarci “per chi sono io?”.
E’ forse questo il senso dell’affermazione “non è bene che l’uomo sia solo”, da cui nasce ogni relazione d’amore.
La domanda “per chi sono io?” non riguarda solo i singoli, ma anche le coppie, le famiglie, le comunità, sempre a rischio di ripiegarsi sulla propria identità.
Su questa linea Giovanni Cereti nell’introduzione alla sua riflessione su “L’amore ai tempi di papa Francesco” riprende le parole di Germano Pattaro “i cristiani non vivono di loro stessi né possono vivere per sé stessi … essi stanno dove stanno tutti … il dono di Dio è per tutti e non per alcuni.
Anche Lidia Maggi ci racconta il passaggio dall’io al noi: “Nelle prime pagine del grande libro di Dio, c’è un racconto che vuole essere un memoriale, un monito all’umanità tutta: è solo nell’incontro con un tu che ci è data la possibilità di comunicare. Prima, nella solitudine, si è afoni … La sessualità è descritta come palestra relazionale, capace di sollevarci verso l’altro dandoci un linguaggio che non solo «nomina il mondo», ma condivide sentimenti ed emozioni”.
Ritroviamo la stessa sottolineatura dell’importanza della reciprocità e della comunicazione nella riflessione di Paolo Benciolini sul “fine vita”. L’autore si richiama al testo della legge sulle Dichiarazioni Anticipate di Trattamento: “Nella relazione tra paziente e medico … rispetto all’evolversi delle conseguenze di una patologia cronica invalidante o caratterizzata da inarrestabile evoluzione con prognosi infausta, può essere realizzata una pianificazione delle cure condivisa tra il paziente e il medico” e osserva: “Per la prima volta, e proprio per la preziosa occasione che il tema delicatissimo del fine-vita ha offerto ai parlamentari, il legislatore ha introdotto indicazioni che, pur riguardando la relazione di cura con pazienti affetti da patologie gravi con prognosi infausta, possono essere estese anche ad altre situazioni e finiscono per dettare quasi una metodologia generale della relazione tra la persona malata e chi la cura, in qualunque momento e per qualunque impegno terapeutico”.
Introducendo il tema “Cosa esprime il femminicidio”, Angelo Recusani scrive: “Ogni vicenda umana andrebbe indagata singolarmente, cercando di sondare le motivazioni esplicite e soprattutto, se possibile, quelle nascoste proprie del mondo interno dei protagonisti. Tali considerazioni non vogliono sminuire la responsabilità, né tantomeno giustificare colui che agisce l’atto violento, ma sono volte a proporre alcune considerazioni per comprendere e poter prevenire tali azioni distruttive ed autodistruttive e, quando la tragedia si sta consumando o si è consumata, condurre non solo un giudizio secondo il diritto, ma anche, se possibile una cura riparativa”.
Questa rivista è consapevole che è necessario interrogarsi su questi temi delicatissimi ricorrendo allo stesso tempo alla nostra razionalità e alla parola di Dio, avendo a mente il prezioso richiamo di papa Francesco “La Parola di Dio è una realtà dinamica, sempre viva, che progredisce e cresce perché è tesa verso un compimento che gli uomini non possono fermare … Non si può conservare la dottrina senza farla progredire né la si può legare a una lettura rigida e immutabile, senza umiliare l’azione dello Spirito Santo”. [2]
Affidiamo i nostri auguri per un buon Natale e un sereno Anno nuovo alle parole di Ermes Ronchi: la bella notizia è Gesù: un Dio che fiorisce sulla nostra terra. Ma fioriscono lungo i nostri giorni anche altre buone notizie: la bontà delle creature, chi mi vive accanto, i sogni condivisi, la bellezza seminata nel mondo, la tenerezza che trova misteri dove gli altri vedono problemi.
Furio Bouquet
[1] Vincenzo Paglia: “Il crollo del noi”, Tempi nuovi, 2017
[2] Papa Francesco, Discorso ai partecipanti all’incontro promosso dal Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione. Roma 11 ottobre 2017.